Software capaci di renderci un po’ più liberi

internetsiamonoi

Il Web ricrea il mondo in un’immagine — la nostra — emergente e collettiva. [#32]

Andrea Zanni ha scritto un pezzo molto bello su Che Futuro, che suona come un accorato (e necessario) appello a continuare a leggere e discutere le tesi del secondo manifesto Cluetrain di David Weinberger e Doc Searls (tradotte nella nostra versione italiana il 12 gennaio scorso).

Le nuove tesi partono proprio da questo punto: ciò che è nostro, chi siamo noi, che cos’è Internet e perché deve restare com’è. Libero, aperto, senza scopo.twittalo

Si accenna anche alle app, sulle quali tendiamo a spendere parole sempre molto entusiastiche e spesso molto poco critiche. Poi capita di leggere notizie come questa e di pensare che forse molti iniziano a vederci più chiaro: Il personal computer torna a crescere. +13% nel 2014, per il tablet è crisi.

Che senso può avere cercare di arginare il controllo con altro controllo (installare app per difendersi dal tracking delle compagnie telefoniche), quando un semplice computer ci rende già liberi?

Loop in libertà

Con l’occasione del post su CheFuturo, è stato svelato anche un piccolo divertissement: il listicle delle Nuove tesi (grazie Enrico per aver lanciato l’idea).

Merito del codice sorgente liberamente riutilizzabile di Dave Winer. C’è anche lo zampino di Weinberger, che ha incoraggiato un po’ tutti a farne una propria versione dalle pagine del suo blog. Qui l’originale, per chi vuole divertirsi a fare un confronto.

A noi è servito anche perché quello che non riusciva a fare Medium, cioè permetterci di creare link permanenti alle singole tesi, è riuscito invece a fare Javascript, senza contare alcune geekerie come il meccanismo di recupero del testo, che non si trova nel codice HTML o nella tabella di un database ma in un semplice file JSON separato.

Ma quello che conta, soprattutto, è che ho scoperto le idee di Dave Winer sui software-che-ci-rendono-più-liberi. Che esistono software capaci di creare libertà e trattarti con rispetto (e non mancano gli sviluppatori in grado di realizzarli), ma che manca purtroppo un sistema di distribuzione adeguato.

In pratica, sostiene Dave, avremmo bisogno per il software web-like di qualcosa di analogo al ben più potente e famoso network esistente per il software Mac. Fino a che non ci riusciremo, saremo sempre al punto di partenza (aggiungo: vedi le critiche alla European Union Public Licence – EUPL che, nonostante i buoni propositi, sembra destinata a rimanere una nuova licenza copyleft imperfetta e poco versatile se paragonata alla General Public License).

E tuttavia, scrive Dave, è come Peter Pan. Se ci credi, si avvererà.Twitta ai tuoi followers la frase di @daveweiner

L’essermi imbattuto nelle riflessioni di Dave mi è sembrata una coincidenza perfetta, quasi junghiana (grazie, serendipità del web), perché proprio qualche giorno fa è stato accolto dall’Antitrust il procedimento contro le informazioni ingannevoli riguardanti i costi delle app (sempre di software parliamo) offerte “gratuitamente”.

Le pagine web sono connessione. Le app sono controllo. [#70]

Insomma, rileggiamocele queste nuove tesi, discutiamone il più possibile anche solo in nome di una maggiore consapevolezza.
Facendolo, a me è capitato di riprendere in mano “Frame analysis. L’organizzazione dell’esperienza” di Ervin Goffmann, un testo che non viene quasi mai citato quando si parla di comunicazione e di web sociale. Nel ventunesimo secolo, una rilettura di Goffmann e dell’affascinante teoria della framing analysis porta inevitabilmente a riesaminare gran parte dei meccanismi commerciali del web (il marketing subdolo degli annunci nativi, per dirla con Weinberger e Searls) con un’ottica da microscopio.

Parliamo di bolla filtrante? Ecco, parliamo (anche) di Goffmann, in un certo senso. Parliamo di funnel, di sviluppo delle conversioni? Parliamo di Goffmann. Di ecologia sociale e di echo chambers? Stiamo ancora parlando di Goffmann, che sembra aver anticipato di quarant’anni concetti per nulla nuovi (ma che vorrebbero sembrarlo) come disruption e concept driven strategy.

Se proprio avete bisogno di uno starter per discutere di tutto questo con gli altri, qualcosa l’hanno detto gli autori stessi del Cluetrain, intervistati da Leo Laporte su TWiT (un netcast che ha addirittura un Wiki ufficiale e i cui i contenuti sono rilasciati con licenza Creative Commons).

Questa di Weinberger, ad esempio, non potevo non segnarmela:

The fact that on Safari you have to turn on developer options in order to see source, i think it’s actually an indication of what of the bad direction the net is gone in. In which, I’m afraid, we’re loosing the sense that this is something we can build, as we consume more through apps that were built for us.

Il resto tocca a voi.
Buona visione.

interview_weinberger_searls


La foto in testa al post, la stessa usata come sfondo per il listicle (un po’ modificata), è di János Balázs e rilasciata con licenza CC BY-SA.

Scritto con StackEdit. Nessun wp-admin è stato sfruttato per la stesura e la pubblicazione di questo post [cit.] (nonostante qualche problemino con le API di WordPress…).

 

Software capaci di renderci un po’ più liberi

4 pensieri su “Software capaci di renderci un po’ più liberi

  1. Gran pezzo, complimenti! Sulla parte finale, dove citi Weinberger: “The fact that on Safari you have to turn on developer options in order to see source, i think it’s actually an indication of what of the bad direction the net is gone in” – ma ti ricordi che poco fa Safari e compagnia stavano pensando di abolire la barra degli indirizzi, rendendo quindi impossibile per l’utente vedere l’url in cui si trovavano? Pazzesco eh?

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  2. Si, bello è bello, scritto bene e anche interessante, ma l’impressione che tu parli a un gruppo ristretto di iniziati è molto più di un impressione. Credo che si scriva sul web per farsi capire anche da curiosi e genericamente interessati ma forse…. no

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    1. Mah, che dirti Carla, parlo di quello che so e che mi colpisce. Mi attengo strettamente a questa sola regola. A volte ti tocca per forza usare i termini tecnici giusti per non essere frainteso.
      Ma se guardi ll podcast e leggi le tesi (dopo aver letto il pezzo su CheFuturo e anche l’articolo sul Cluetrain, molto bello, di Enrico sul blog Mind Matters), vedrai che ti sembrerà tutto molto meno criptico!

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